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Abele, Caino, e Prometeo

La lezione che l’antropologia di Bronislaw Malinowski esortava a imparare dall’attacco a Pearl Harbor del 7 Dicembre 1941, era quella di prepararsi talmente bene per la pace dopo la vittoria, a un punto tale che gli attacchi futuri sarebbero diventati altamente improbabili. Il racconto di Caino e Abele è talmente radicato nella nostra specie che il conflitto tra i “malvagi” e i “buoni” o tra i “devoti” e gli “infedeli” deve essere tenuto costantemente sotto controllo, e dopo Hiroshima e Nagasaki, sotto controllo, ma in maniera rigorosamente indiretta.

Il racconto si trova In tutte e tre le versioni monoteiste, e funziona sempre: dal biblico Caino e Abele alla letteratura infantile, dalla contrapposizione tra blocco russo sovietico e patto atlantico, alla Russia odierna di Putin versus l’America con i suoi alleati della Nato.

Le azioni alterne che accomunano il progetto mondialista dell’Occidente con il globalismo religioso del mondo islamico attraverso il proprio braccio armato jidahista, riscrivono (nel senso di scrivere di nuovo) lo stesso racconto, la stessa antica storia.  Il sogno orrifico di Caino che vede i propri discendenti ridotti in schiavitù dai discendenti di Abele, accomuna invece l’opera di Salomon Gessner  “Der tod Abels” (La morte di Abele) e il Caino prometeico di Lord Byron, entrambi imperniati sulla contrapposizione tra il fondamentalismo e l’abnegazione religiosa dell’Abele teocentrico tutto intento all’adorazione divina, e il duro lavoro nei campi di Caino.   Il Caino di Gessner coltiva la terra dall’alba al tramonto per guadagnarsi da vivere, non ha né l’agio del fratello minore, né alcuna predilizione a innalzare inni alla volta di Dio come fa Abele, il quale trascorre invece lunghe ore del giorno seduto a oziare mentre le proprie greggi pascolano beatamente.

Cosa sarebbe stato un mondo senza un Caino da dover incolpare? Cosa sarebbe stato un mondo senza un dio che accetta le offerte di animali sugli altari di Abele grondanti di sangue e rigetta quella dei frutti della terra di Caino? Cosa sarebbe un mondo senza un onnipotente che accetta le offerte dell’Ukraina e rigetta quella di un idea umana tramutata da Lucifero in un impero del male a est dell’Eden. 

La storia dell’umanità potrebbe essere scritta come lo scontro permanente tra popoli agricoltori-allevatori sedentari e popoli nomadi-cacciatori. Il conflitto si sviluppa nel modo diverso di abitare il territorio e rivela un modo opposto di intendere l’universo e la vita.   Il concetto dell’abitare insito nel  nomadismo riflette il desiderio di appartenenza e di comunicazione permanente dello spazio domestico  con l’ambiente naturale, mentre la città della nuova smart economy, utilizzata come strumento di oppressione culturale, discende da una civiltà stanziante, da un economia imperniata sulla proprietà privata che riduce la casa a ricettore dati utili alle società di marketing multinazionale. L’insuccesso di Buckminster Fuller con le Dymaxion homes, abitazioni prefabbricate mobili tecnologicamente avanzate prodotte con la fabbrica aeronautica Beechcraft, costituisce uno degli esperimenti più autorevoli per introdurre un germe di nomadismo culturale, e per questo destinato a fallire al primo tentativo di inserire un prodotto non allineato con il sistema economico e produttivo statunitense.

Su Caino incombe la condanna divina che lo obbliga a un’esistenza raminga, e quindi al nomadismo, in altre parole a ciò che la civiltà dell’Occidente identifica con il concetto di barbarie. Inutile ogni tentativo di potersi immaginare un mondo dove viene estirpata l’idea dell’esistenza di Caino, vano ogni sforzo di aggirare  un sistema binario che negando il Male  non ne ammette la complementarietà e indissolubilità dal Bene e dunque promuove lo scontro.  In questo consiste  l’incapacità della specie umana di imparare dai suoi errori passati. In questo consìste la storia umana, non lineare, senza progresso costante, ma ciclica, con repentini cambiamenti, apocalissi e ricostruzioni. Nel bel mezzo di un percorso storico – che in termini vichiani si potrebbe identificare con il periodo che egli aveva definito come “eroico”, e nel quale prevale il comando delle classi dominanti degli aristoi – oggi “l’imperatore” è senza nome e senza volto, non si sa dov’è; ma c’è, c’è ancora. Più forte di prima. È la tecnologia a essere novella, ma il mondo è ancora vecchio, lo stesso di sempre.

Le uniche azioni possibili, dunque, sono  quelle che avevano adottato i militanti della resistenza contro il nazismo. Inutile e anzi deleteria l’idea di una possibile trasformazione positiva condotta all’interno delle regole del gioco del capitalismo neoliberale e della finanza globale svincolata dalle regole; l’unica possibile trasformazione è quella di un potenziamento delle azioni necessarie ad opporsi alla totale egemonia del sistema delle merci e dei suoi altari, e all’ipocrisia di ogni Abele.

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Pearl Harbor Aviation Museum . O'ahu, HI.
Pearl Harbor Aviation Museum . O’ahu, HI.

 

Abbandonare una nozione romantica della natura.

Di recente mi sono imbattuto in diverse domande sullo stesso argomento: cosa significa essere un ambientalista e soprattutto, cosa significa veramente, non essere ma piuttosto diventare essere umani al di là di una classificazione d’impostazione culturale antropocentrica e di una marcia del progresso.

Non sostengo una nozione romantica della natura, né l’idea che gli esseri umani possano sopravvivere se superano le alienazioni della modernità. Il saccheggio ambientale non è un fatto legato al culmine della rivoluzione industriale o alla crescita esponenziale della tecnologia, ma principalmente l’azione esercitata da una parte dell’umanità che ha sempre adottato lo sfruttamento delle risorse naturali come base del dominio istituzionale dell’uomo sull’uomo, e non come forma di sopravvivenza. La maggior parte delle forze politiche sostiene tacitamente questa resa all’annichilimento progressivo in funzione dello sviluppo.

Difendere un principio ambientalista significa innanzitutto svolgere un’azione politica – indipendentemente dal riconoscimento o meno di un certo futuro di estinzione – per resistere e contrastare l’opzione che rinuncia alla natura e implicitamente all’intera umanità.

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